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Thursday, 10 February 2011

Radio Vaticana




Fu progettata da Marconi su incarico papale. Fu inaugurata da Pio XI nel 1931. E’ la seconda radio internazionale più vecchia del mondo, dopo la Bbc. Oggi è ascoltata tramite il web in occidente ma anche in onda corta, con mezzi molto precari, fra le comunità aborigene dell’America latina.
E’ la Radio vaticana, che il 12 febbraio compie 80 anni. Di lei Avvenire parla così.
di Luigi Cobisi
Vaticana: 80 anni “in onda”
La sera del 12 febbraio 1931, dopo che il Santo Padre ebbe terminato il suo primo radiomessaggio – immediatamente tradotto in diverse lingue – l’appena fondata Radio Vaticana fu raggiunta da due studenti del Collegio Etiopico: avevano preparato un riassunto nella loro lingua e desideravano trasmetterlo. Come scrisse il quotidiano La Tribuna due giorni dopo, furono accontentati «con premura, non appena esaurite le precedenti» letture.
È davvero significativo che – alla fine di una giornata dominata dalle grandi personalità di Guglielmo Marconi e Pio XI – si trovasse uno spazio anche per quei due giovani che nessuno aspettava. Nei decenni seguenti analoga «premura» divenne per la radio del Papa un segno costante di una missione esercitata verso gli ascoltatori di 40 lingue diverse, raggiunti in onde medie e corte, in Fm, sui nuovi canali digitali (sistema Dab plus) e via internet. Il microfono passato con immediatezza ai due africani rappresentò la prima ripetizione del gesto compiuto poche ore prima da Marconi, quando, alle 16,30 di quella fredda giornata (a sera sui Giardini Vaticani c’era perfino un’insolita nebbia) consegnò la radio al Papa invitandolo a «voler far sentire la sua augusta parola al mondo». Pio XI si era preparato con attenzione a quel momento e – scelto di esprimersi in latino – si rivolse in tono biblico agli ascoltatori: «Udite e ascoltate, popoli lontani».
L’emozione fu enorme. A Roma, in tutt’Italia e dovunque nel mondo era stato possibile accendere una radio, l’ascolto della voce del Papa fece comprendere la vastità del pubblico cui la nuova emittente si dirigeva. Così fu subito evidente che per raggiungere tutti i «popoli lontani» occorreva un lavoro profondo sulle lingue e le culture di cui quel riassunto portato dagli studenti etiopici fu il primo passo. Riassunto: non una semplice traduzione bensì un lavoro redazionale che, a fianco alla chiara parola del Santo Padre, rappresentò l’inizio di una programmazione originale oggi tipica di ciascuna redazione che può contare su redattori madrelingua e su contatti continui con i rispettivi Paesi. L’Africa continua a giocare, in questo contesto, un ruolo fondamentale.
A fianco di amarico e tigrino, le lingue presenti da ottant’anni alla Radio Vaticana, trasmissioni in swahili, francese, inglese, portoghese coprono complessivamente circa 9 ore al giorno su altrettante frequenze d’onda corta dirette al continente nero, cui si aggiunge l’italiano per integrare un servizio informativo sull’Africa dal sito internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org) che da circa un anno propone continui aggiornamenti su un’area tanto sensibile del mondo.
Da quando a Roma si sono poi moltiplicate le presenze straniere, la diffusione locale in modulazione di frequenza dei programmi linguistici, che riporta (su 93,30 e 103,80 MHz) lo stesso palinsesto delle onde corte utilizzate per raggiungere ogni parte del mondo, i programmi europei e per l’Oltremare hanno trovato nuovi ascoltatori. Della durata variabile tra i 15 e i 30 minuti questi programmi uniscono alla dimensione globale del messaggio del Pontefice e della Chiesa quella locale di unici programmi in lingua originale fruibili nella capitale con una semplice radiolina.
E d’altra parte la diffusione in Italia della Radio Vaticana, cioè la sua dimensione in parte romana e in parte nazionale, è da sempre un impegno irrinunciabile anche se purtroppo limitato da numerose difficoltà. Poiché la diffusione in onde medie e corte ha subìto pesanti riduzioni anche a causa della questione sul presunto elettrosmog e la Rai ha abolito le trasmissioni per l’estero smantellando i propri impianti in onde corte, l’opera della Radio Vaticana a favore degli ascoltatori italiani si è dovuta appoggiare a un’abilità tecnica che attraverso i diversi mezzi cerca di raggiungere davvero tutti.
La radio del Papa è per molti anche la voce di casa: poter ascoltare in Medio Oriente o in Africa il notiziario vaticano delle 14 in lingua italiana è un contributo fondamentale per gli italiani in quelle aree. Ma nella stessa Italia (e in Europa) le onde corte, vero patrimonio lasciatoci da Marconi e da generazioni di tecnici di primissimo ordine, permettono a tutte le trasmissioni in italiano di essere ascoltate senza difficoltà.
A fianco a queste risorse, la Radio Vaticana ha da tempo avviato la diffusione digitale che ha permesso al proprio canale in italiano (105 Live) di coprire quasi tutto il Paese attraverso il circuito Eurodab Italia. Per quanto la radio digitale non abbia ancora raggiunto in Italia uno sviluppo significativo, sono numerosi gli ascoltatori dotati di ricevitori Dab Plus solo per sentire Radio Vaticana: un pubblico fedele, per lo più silenzioso, che cerca una voce diversa, capace di prudenza e discernimento, poiché – come disse Benedetto XVI 5 anni fa visitando l’emittente – nel «mondo dei mezzi della comunicazione non mancano anche voci contrastanti. Tanto più è importante che esista questa voce, che vuole realmente mettersi al servizio della verità, di Cristo, e così mettersi al servizio della pace e della riconciliazione nel mondo».
Pubblicato su palazzoapostolico.it mercoledì 9 febbraio 2011

Tuesday, 8 February 2011

Photo

Abba Teclezghi Bahta CM Rettore del Pontificio Collegio Etiopico, presnta in dono al Pontefice il Diario di San Giustino De Jacobis, CM (Abune Yakob) il 29.01.2011


 Ordinazione Diaconale di Mussie Zerai, nel Pontificio Collegio Etiopico, Abune Menghesteab Tesfamariam, MCCJ Eparca di Asmara, presnte anche Abune Musie Ghebreghiorghis, OFM Eparca di Emdibir (Etiopia)
il 31.10.2009

 Refettorio del Pontificio Collegio Etiopico, nella Città del Vaticano, in occasione del pranzo del neo diacono.
 Ordinazione Sacerdotale di Mussie Zerai, dell'Eparchia di Asmara, il 19.06.2010 nella Chiesa di Santo Stefano degli Abissini, Città del Vaticano.
Il Neo Presbitero concelebra con l'Eparca di Asmara, suo ordinario.



Foto di gruppo nei giardini del Vaticano dei partecipanti all'Ordinazione Sacerdotale di Abba Mussie Zerai, il 19.06.2010

Sunday, 30 January 2011

Santo Padre Benedetto XVI riceve in udienza la Comunità del Pontificio Collegio Etiopico

Benedetto XVI alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano

La santità dei sacerdoti
segno di speranza per la Chiesa



La santità dei sacerdoti come segno di speranza per la Chiesa e per il mondo è stata proposta dal Papa alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, durante l'udienza svoltasi sabato mattina, 29 gennaio, nella Sala dei Papi. L'occasione è stata la ricorrenza del centocinquantesimo anniversario della morte di san Giustino De Jacobis, del quale Benedetto XVI ha illustrato l'esemplarità. Questo il discorso.
Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di accogliervi per la felice circostanza del 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giustino De Jacobis. Saluto cordialmente ciascuno di voi, cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, che la Divina Provvidenza ha posto a vivere vicino al sepolcro dell'Apostolo Pietro, segno degli antichi e profondi legami di comunione che uniscono la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea con la Sede Apostolica. Saluto in modo speciale il Rettore, Padre Teclezghi Bahta, che ringrazio per le cortesi espressioni con cui ha introdotto il nostro incontro, ricordando le diverse e significative circostanze che lo hanno suggerito. Vi accolgo oggi con particolare affetto e, insieme a voi, mi è caro pensare alle vostre comunità di origine.
Vorrei ora soffermarmi sulla luminosa figura di san Giustino De Jacobis, del quale avete celebrato il significativo anniversario lo scorso 31 luglio. Degno figlio di san Vincenzo de' Paoli, san Giustino visse in modo esemplare il suo "farsi tutto a tutti", specialmente al servizio del popolo abissino. Inviato a trentotto anni dall'allora Prefetto di Propaganda Fide, il Cardinale Franzoni, come missionario in Etiopia, nel Tigrai, lavorò prima ad Adua e poi a Guala, dove pensò subito a formare preti etiopi, dando vita ad un seminario chiamato "Collegio dell'Immacolata". Con il suo zelante ministero operò instancabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore originario della fede, seminata dal primo evangelizzatore san Frumenzio (cfr. PL 21, 473-80). Giustino intuì con lungimiranza che l'attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani. Imparando la lingua locale e favorendo la plurisecolare tradizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un'efficace opera ecumenica. Per oltre un ventennio il suo generoso ministero, sacerdotale prima ed episcopale poi, andò a beneficio di quanti incontrava e amava come membra vive del popolo a lui affidato.
Per la sua passione educativa, specialmente nella formazione dei sacerdoti, può essere giustamente considerato il patrono del vostro Collegio; infatti, ancora oggi questa benemerita Istituzione accoglie presbiteri e candidati al sacerdozio sostenendoli nel loro impegno di preparazione teologica, spirituale e pastorale. Rientrando nelle comunità di origine, o accompagnando i connazionali emigrati all'estero, sappiate suscitare in ciascuno l'amore a Dio e alla Chiesa, sull'esempio di san Giustino De Jacobis. Egli coronò il suo fecondo contributo alla vita religiosa e civile dei popoli abissini con il dono della sua vita, silenziosamente riconsegnata a Dio dopo molte sofferenze e persecuzioni. Fu beatificato dal Venerabile Pio XII il 25 giugno 1939 e canonizzato dal Servo di Dio Paolo VI il 26 ottobre 1975.
Anche per voi, cari sacerdoti e seminaristi, è tracciata la via della santità! Cristo continua ad essere presente nel mondo e a rivelarsi attraverso coloro che, come san Giustino De Jacobis, si lasciano animare dal suo Spirito. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II che, tra l'altro, afferma:  "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo (cfr. 2 Cor 3, 18), Dio manifesta vivamente agli uomini la sua presenza ed il suo volto. In loro è Egli stesso che ci parla e ci mostra il contrassegno del suo Regno" (Cost. dog. Lumen gentium, 50).
Cristo, l'eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che con la speciale vocazione al ministero sacerdotale ha "conquistato" la nostra vita, non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera. Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi "per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2, 7). Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno, non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali, in comunione all'interno di un unico organismo spirituale. Siamo chiamati a formare il Cristo totale, un'unità ricapitolata nel Signore, vivificata dal suo Spirito per diventare il suo "pleroma" e arricchire il cantico di lode che Egli innalza al Padre. Cristo è inseparabile dalla Chiesa che è il suo Corpo. È nella Chiesa che Cristo congiunge più strettamente a sé i battezzati e, nutrendoli alla Mensa eucaristica, li rende partecipi della sua vita gloriosa (cfr. Lumen gentium, 48). La santità si colloca quindi nel cuore stesso del mistero ecclesiale ed è la vocazione a cui tutti siamo chiamati. I Santi non sono un ornamento che riveste la Chiesa dall'esterno, ma sono come i fiori di un albero che rivelano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre. È bello contemplare così la Chiesa, in modo ascensionale verso la pienezza del Vir perfectus; in continua, faticosa, progressiva maturazione; dinamicamente sospinta verso il pieno compimento in Cristo.
Cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, vivete con gioia e dedizione questo periodo importante della vostra formazione, all'ombra della cupola di San Pietro:  camminate con decisione sulla strada della santità. Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine. Sono certo che l'esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiuterà anche a portare un prezioso contributo alla crescita e alla pacifica convivenza delle vostre amate Nazioni. Accompagno il vostro cammino con la mia preghiera e, per intercessione di san Giustino De Jacobis e della Vergine Maria, vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Suore di Maria Bambina, al Personale della Casa e a tutte le persone a voi care.


(©L'Osservatore Romano - 30 gennaio 2011)